Una piazza di Roma animata dai colori delle bandiere e degli striscioni dei Kurdi, dal movimento rotante delle loro danze in cerchio, scandite dal ritmo dei loro tamburi, infervorate dalle note toccanti dei loro canti di nostalgia e di lotta, interrotte dai loro slogan determinati e combattivi, e poi tante voci che prendevano la parola, in kurdo, in turco, in italiano, ad esprimere l’incontro tra la lotta del popolo kurdo e la solidarietà italiana: questo è quanto ha accomunato le giornate di piazza Kurdistan del 1998 e la manifestazione di piazza Kurdistan di ieri, 13 novembre 2010. In mezzo: dodici anni. Dodici anni, prima dei quali in Italia ben pochi sapevano chi fossero i Kurdi, e durante i quali, invece, si è dipanata una intensa traiettoria ininterrotta di iniziative in tutti i campi: la solidarietà politica; i continui incontri diretti con l’associazionismo kurdo tramite delegazioni, viaggi organizzati, presenze come osservatori in tribunale ai processi e durante le elezioni; la cooperazione socio-economica tramite progetti di sostegno allo sviluppo e servizi sociali finanziati da ONG ed Enti locali italiani in collaborazione con le Municipalità kurde; l’aiuto alle vittime della repressione e del carcere; le attività culturali (pubblicazione e traduzione di libri, film, spettacoli musicali, mostre fotografiche, conferenze...).
Le voci di quelli che ieri hanno preso il microfono hanno rievocato “quei” giorni del 1998, ma anche la strada percorsa da allora ad oggi, ed hanno ribadito l’urgenza di essere fianco a fianco anche oggi, mentre il processo contro la Società civile tiene migliaia di Kurdi in carcere e/o sulla sbarra degli imputati. Il processo di Diyarbakir, iniziato il 18 ottobre, è stato aggiornato al 13 gennaio 2011: tale data sarà una nuova occasione per testimoniare la nostra solidarietà..
Sullo sfondo dell’ospedale militare del Celio, dove Ocalan era stato “ricoverato” appena dopo il suo atterraggio a Fiumicino la sera del 12 XI 1998, e di fronte ad un grande poster che raffigurava Dino Frisullo mentre apponeva la targa che ribattezzò piazza Celimontana in “piazza Kurdistan”, Luisa Morgantini (che a quel tempo non era ancora Europarlamentare ma dirigente di Assopace) ha rievocato quei giorni, seguita da Luigi Saraceni, allora avvocato di Ocalan assieme a Giuliano Pisapia, e da Arturo Salerni, uno degli avvocati che, assieme all’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) avevano vinto la causa contro il governo italiano, ottenendo l’asilo politico per Ocalan, ma... troppo tardi, quando la pavida Europa e la pavida Italia lo avevano lasciato tra gli artigli dello Stato turco, rinunciando a cogliere quella straordinaria occasione affinché la Questione kurda trovasse la sede naturale della sua soluzione in seno alla Comunità internazionale. E Walter De Cesaris, allora parlamentare italiano, ha spiegato perché tale voltafaccia italiano era avvenuto: dopo i giorni entusiasmanti di piazza Celimontana pacificamente invasa da kurdi ed italiani, e dopo i primi successi e le grandi speranze suscitate (cfr.: Massimo Giannetti, “L'esultanza dei kurdi al Celio. Festa in piazza Kurdistan, “il manifesto”, 21 XI 1998, ora su: http://www.mesopotamia-ita.com/dino/0_Pages/052_OCAL/wh.html ), la Turchia, spalleggiata dagli USA, aveva lanciato la sua pesantissima e martellante controffensiva, politica, diplomatica, ma – soprattutto – economica: “se l’Italia e l’Europa vogliono fare affari con noi...”. E l’Italia dei poteri economici aveva fatto sentire la sua voce, la logica degli “affari” era prevalsa su quella del diritto e della democrazia, il governo aveva ceduto al ricatto.
Una differenza, però, ha purtroppo anche segnato la piazza Kurdistan di ieri da quella di allora: ieri la presenza italiana, numericamente, era assai ridotta. La cosa non ha affatto diminuito lo slancio ed il fervore con cui i Kurdi si sono gettati nel vortice delle loro danze ed hanno intonato le loro canzoni, non solo al pomeriggio, in piazza, ma poi anche alla sera e fino a notte inoltrata, nel cortile del loro “Centro Ararat”, in Largo Dino Frisullo al Testaccio, dove soggiornano e vivono le loro difficili storie di richiedenti asilo, in continua apprensione sotto la Spada di Damocle della legislazione italiana odierna. Un vero e proprio piccolo Newroz, attorno alle fiamme altissime di un falò, seguito poi anche da una serrata riunione politica con un dirigente kurdo venuto dall’estero. Ma la scarsa presenza italiana, se non ha scoraggiato i Kurdi, dovrebbe far riflettere sullo “stato di salute” dei movimenti e della voglia di partecipazione e di incontro della società attuale dei nostri giorni.
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