martedì 16 novembre 2010

Piazza Kurdistan 2010...a 12 anni dall'assalto al cielo le immagini di Piazza Celimontana e della serata presso il Centro socioculturale Ararat di Roma.

Piazza Kurdistan 2010: resoconto di una giornata a Roma

Una piazza di Roma animata dai colori delle bandiere e degli striscioni dei Kurdi, dal movimento rotante delle loro danze in cerchio, scandite dal ritmo dei loro tamburi, infervorate dalle note toccanti dei loro canti di nostalgia e di lotta, interrotte dai loro slogan determinati e combattivi, e poi tante voci che prendevano la parola, in kurdo, in turco, in italiano, ad esprimere l’incontro tra la lotta del popolo kurdo e la solidarietà italiana: questo è quanto ha accomunato le giornate di piazza Kurdistan del 1998 e la manifestazione di piazza Kurdistan di ieri, 13 novembre 2010. In mezzo: dodici anni. Dodici anni, prima dei quali in Italia ben pochi sapevano chi fossero i Kurdi, e durante i quali, invece, si è dipanata una intensa traiettoria ininterrotta di iniziative in tutti i campi: la solidarietà politica; i continui incontri diretti con l’associazionismo kurdo tramite delegazioni, viaggi organizzati, presenze come osservatori in tribunale ai processi e durante le elezioni; la cooperazione socio-economica tramite progetti di sostegno allo sviluppo e servizi sociali finanziati da ONG ed Enti locali italiani in collaborazione con le Municipalità kurde; l’aiuto alle vittime della repressione e del carcere; le attività culturali (pubblicazione e traduzione di libri, film, spettacoli musicali, mostre fotografiche, conferenze...).
Le voci di quelli che ieri hanno preso il microfono hanno rievocato “quei” giorni del 1998, ma anche la strada percorsa da allora ad oggi, ed hanno ribadito l’urgenza di essere fianco a fianco anche oggi, mentre il processo contro la Società civile tiene migliaia di Kurdi in carcere e/o sulla sbarra degli imputati. Il processo di Diyarbakir, iniziato il 18 ottobre, è stato aggiornato al 13 gennaio 2011: tale data sarà una nuova occasione per testimoniare la nostra solidarietà..
Sullo sfondo dell’ospedale militare del Celio, dove Ocalan era stato “ricoverato” appena dopo il suo atterraggio a Fiumicino la sera del 12 XI 1998, e di fronte ad un grande poster che raffigurava Dino Frisullo mentre apponeva la targa che ribattezzò piazza Celimontana in “piazza Kurdistan”, Luisa Morgantini (che a quel tempo non era ancora Europarlamentare ma dirigente di Assopace) ha rievocato quei giorni, seguita da Luigi Saraceni, allora avvocato di Ocalan assieme a Giuliano Pisapia, e da Arturo Salerni, uno degli avvocati che, assieme all’ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) avevano vinto la causa contro il governo italiano, ottenendo l’asilo politico per Ocalan, ma... troppo tardi, quando la pavida Europa e la pavida Italia lo avevano lasciato tra gli artigli dello Stato turco, rinunciando a cogliere quella straordinaria occasione affinché la Questione kurda trovasse la sede naturale della sua soluzione in seno alla Comunità internazionale. E Walter De Cesaris, allora parlamentare italiano, ha spiegato perché tale voltafaccia italiano era avvenuto: dopo i giorni entusiasmanti di piazza Celimontana pacificamente invasa da kurdi ed italiani, e dopo i primi successi e le grandi speranze suscitate (cfr.: Massimo Giannetti, “L'esultanza dei kurdi al Celio. Festa in piazza Kurdistan, “il manifesto”, 21 XI 1998, ora su: http://www.mesopotamia-ita.com/dino/0_Pages/052_OCAL/wh.html ), la Turchia, spalleggiata dagli USA, aveva lanciato la sua pesantissima e martellante controffensiva, politica, diplomatica, ma – soprattutto – economica: “se l’Italia e l’Europa vogliono fare affari con noi...”. E l’Italia dei poteri economici aveva fatto sentire la sua voce, la logica degli “affari” era prevalsa su quella del diritto e della democrazia, il governo aveva ceduto al ricatto.
Una differenza, però, ha purtroppo anche segnato la piazza Kurdistan di ieri da quella di allora: ieri la presenza italiana, numericamente, era assai ridotta. La cosa non ha affatto diminuito lo slancio ed il fervore con cui i Kurdi si sono gettati nel vortice delle loro danze ed hanno intonato le loro canzoni, non solo al pomeriggio, in piazza, ma poi anche alla sera e fino a notte inoltrata, nel cortile del loro “Centro Ararat”, in Largo Dino Frisullo al Testaccio, dove soggiornano e vivono le loro difficili storie di richiedenti asilo, in continua apprensione sotto la Spada di Damocle della legislazione italiana odierna. Un vero e proprio piccolo Newroz, attorno alle fiamme altissime di un falò, seguito poi anche da una serrata riunione politica con un dirigente kurdo venuto dall’estero. Ma la scarsa presenza italiana, se non ha scoraggiato i Kurdi, dovrebbe far riflettere sullo “stato di salute” dei movimenti e della voglia di partecipazione e di incontro della società attuale dei nostri giorni.

venerdì 12 novembre 2010

SABATO 13 NOVEMBRE 2010
ore 16 - 19 PIAZZA CELIMONTANA
ore 20 Centro Culturale ARARAT Largo Dino Frisullo - Testaccio - Roma
Testimonianze-Fotografie-Video-teatro-Musica

Con l’arrivo a Roma del leader kurdo Abdullah Ocalan, il 12 novembre 1998, ebbe inizio dall’Europa l’assalto al cielo del popolo kurdo.

Il 13 Novembre 2010 saremo di nuovo a Roma in piazza Celimontana per ricostruire simbolicamente un legame con quelle giornate. “Piazza Kurdistan” ci chiama ancora e quegli sguardi di donne e uomini kurdi che incrociammo più di dieci anni fa chiedono ancora giustizia, pace e libertà. Ritroviamoci insieme a Piazza Kurdistan per esprimere solidarietà e vicinanza al popolo kurdo e al suo leader imprigionato.

mercoledì 4 agosto 2010

Nel Kurdistan turco è ancora guerra sporca contro il popolo kurdo e contro le sue strutture democratiche. Una guerra condotta in violazione di qualsiasi normativa o convenzione internazionale che la Turchia abbia sottoscritto.
Vaste aree del paese sono dichiarate zone di guerra, equivalenti a prigioni a cielo aperto per milioni di persone. I villaggi kurdi tornano ad essere bruciati ed evacuati dalle forze armate turche con conseguente esodo di civili che vengono forzatamente obbligati a lasciare le loro case e la loro terra. Le foreste, in spregio alle Convenzioni internazionali, sono bruciate per non lasciare agibilità alla guerriglia kurda, ed un intero ecosistema viene così devastato.
Riprendono le uccisioni indiscriminate di civili colpevoli soltanto di trovarsi in zone di guerra. Nelle città, invece, si registrano violenti maltrattamenti fisici e uccisioni di civili "colpevoli", in
qualche modo, di manifestare la loro appartenenza al popolo kurdo.

La drammatica situazione dei minori kurdi rinchiusi nelle carceri turche ha assunto un rilievo internazionale. I recenti rapporti di Amnesty International (Giugno 2010) e del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg delineano, con tutta la drammaticità del caso, una situazione insostenibile e ingiustificabile dal punto di vista giuridico ed umano. Sono oltre 4000 i minori sotto processo e centinaia quelli che ancora sono rinchiusi nelle carceri per adulti, colpevoli spesso di aver esclusivamente partecipato a manifestazioni di piazza o lanciato oggetti contro i blindati delle forze dell’ordine. La recente riforma della Legge antiterrorismo (Luglio 2010) frutto delle campagne e delle pressioni internazionali e che porterà alla liberazione di alcuni dei minori incarcerati, non sana, a causa delle numerose eccezioni e deroghe che contiene, lo stato di violazione della Convenzione delle NU sui Diritti dei Minori, sottoscritta dalla stessa Turchia. Rimangono ancora drammatiche le condizioni detentive e rimane reale il rischio per i minori di essere incarcerati per aver partecipato a manifestazioni di piazza.

Un popolo in carcere ma che non è possibile ridurre la silenzio. In carcere come gli oltre 2000 tra sindaci, amministratori locali, attivisti dei diritti umani ed esponenti della società civile che, dalla
straordinaria affermazione elettorale del Partito kurdo della società democratica (DTP) alle elezioni amministrative del Marzo 2009 continuano ad essere arrestati in massa. Carcerazioni coperte dal
Segreto di Stato, tanto che i capi di imputazioni sono stati resi noti soltanto dopo 14 mesi dal momento dell’arresto. Anche qui, ancora una volta, al dialogo, all’opzione politica si è scelto, da parte delle autorità turche, di dare invece spazio solo agli interessi delle lobbies della guerra e di alcune forze politiche già impegnate nella campagna elettorale per le elezioni nazionali del 2011. Elezioni alle quali i kurdi parteciperanno nel Partito della pace e della democrazia (BDP) che dopo la chiusura forzata del DTP nel Dicembre 2010 è divenuta la forza politica che rappresenta il popolo kurdo e la sua richiesta di riconoscimento dei diritti e di una risoluzione pacifica e democratica della questione kurda. Una richiesta alla quale aspira fortemente anche quella parte di popolazione turca che non si riconosce in uno Stato violatore dei diritti basilari dei suoi cittadini.

La stessa guerra contro le guerriglia kurda delle Forze di difesa del popolo (HPG) viene condotta in maniera e con metodi brutali che non rispettano la Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri e la conduzione dei conflitti armati. I corpi dei guerriglieri uccisi sono macabramente mutilati e offesi al punto da rendere alle famiglie impossibile il riconoscimento. In molti casi i corpi sono stati bruciati ed è stato impedito alle famiglie il diritto di celebrare il funerale. È tornato ad essere diffuso l’utilizzo di gas chimici come arma di annientamento di massa.

Noi, come esponenti della società civile italiana, non possiamo tollerare che la via del dialogo e del
confronto venga distrutta e annientata in questo modo;
- condanniamo il comportamento della Turchia che, impedendo al popolo kurdo di crescere e di articolarsi dal punto di vista politico, finisce per perpetrare una guerra infinita e crudele ad uso e consumo di esigenze di potere interno;
- riteniamo che la questione kurda non potrà mai essere risolta senza un impegno reale, da parte della Turchia, per una vera democratizzazione della istituzioni e senza permettere al popolo kurdo di essere accettato e considerato come un attore politico col quale dialogare in maniera paritaria;
- riteniamo l’abolizione della normativa sull’antiterrorismo (che permette carcerazioni ed abusi in deroga allo stesso Codice penale) uno dei passi fondamentali da compiere per giungere a tale democratizzazione;
- riteniamo necessaria, al fine di permettere una riconciliazione reale l’adesione della Turchia alla Corte penale internazionale de L’Aia e la ratifica dello Statuto di Roma al fine di permettere di chiudere con la giustizia dovuta gli anni della guerra sporca e poter costruire la pace basandola però su una seria assunzione di responsabilità dello Stato e dei suoi singoli servitori verso le vittime degli abusi;
- chiediamo pertanto a tutto il mondo della pace italiano, a coloro che ancora lavorano per rendere possibile un altro mondo basato sul rispetto, sul dialogo e sul riconoscimento reciproco, di non lasciare sola la società civile kurda.

Il 18 Ottobre avrà avvio il processo contro sindaci egli esponenti della società civile kurda. Noi, come democratici, operatori di pace, cooperanti, ci impegniamo, da oggi, ad essere presenti nelle aule di tribunale, dove verrà processata la democrazia kurda, per mostrare il senso della solidarietà internazionale.

Con l’arrivo del Leader del Popolo Kurdo Abdullah Ocalan, a Roma, il 12 Novembre 1998, ebbe inizio, dall’Europa, l’assalto al cielo del popolo kurdo. Il 13 Novembre 2010, a voler simbolicamente ricostruire un legame con quelle giornate, saremo in piazza a Roma con una grande manifestazione nazionale perché pensiamo che “Piazza Kurdistan” ci chiama ancora, che quegli occhi di kurde e kurdi che incrociammo ormai più di dieci anni fa ancora chiedono giustizia e sperano nella pace e nella liberazione. Che ciò possa essere una grande occasione per mostrare alle autorità turche ed italiane che il popolo kurdo non è solo. Facciamo sentire all’Europa il grido di libertà che ci viene oggi dalle carceri turche e dalle aule di tribunale. Facciamo vivere la speranza di libertà e di pace del popolo kurdo